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dissabte, 18 de gener del 2014

Lettera di Artur Mas al giornale La Repubblica

La Repubblica, 18-01-2014, pag. 25

SPIRITO CATALANO
Artur Mas
Caro direttore, la Catalogna è notizia. Quella che secondo il nostro grande scrittore Josep Pla, fu definita la “regione più occidentale d’Italia” attira l’attenzione perché malgrado immensi problemi è all’avanguardia in modernità, innovazione, benessere. Lo è anche perché dal 2010 ha intrapreso una strada: chiedere ai suoi cittadini, per la prima volta, se vogliono diventare uno stato d’Europa. Un processo democratico, pacifico, e che non vuole escludere nessuno.
La proposta di uno stat catalano è tutto il contrario del vittimismo. Ciò che oggi da energia e fa crescere l’entusiasmo per la causa catalana è precisamente il suo atteggiamento costruttivo: non si vuole attaccare la Spagna, vogliamo semplicemente votare per decidere il nostro futuro. Il movimento per la sovranità nazionale catalana non ha nulla contro i cittadini spagnoli; il conflitto è con i poteri dello stato spagnolo, perché contro  la società catalana ci sono, oltre alla mancanza di riconoscimento, anche un trattamento ingiusto e lesivo. Siamo una nazione d’Europa, siamo europei,  vogliamo continuare ad esserlo e vogliamo esprimerlo votando.
In nessun caso il movimento per la sovranità catalana è espressione di un nazionalismo etnico, vittimista e antispagnolo. Il catalanismo è sempre stato civile, un elemento di modernizzazione e apertura in una Spagna tradizionalmente chiusa. Durante il franchismo, il partito comunista catalano, il PSUC, sulle orme di Berlinguer, fu determinante nel vincolare alla tradizione catalana il movimento operaio e l’immigrazione proveniente dalle regioni più povere della Spagna.
Il presidente Jordi Pujol, fondatore del mio partito, Convergència Democràtica, imprigionato durante il franchismo, è l’autore di quella che ancor oggi è la definizione più diffusa: “È catalano chi vive, lavora in Catalogna e lo vuol essere”. Alla catena umana che l’11 settembre scorso riunì 2 milioni di persone si ascoltavano molte lingue: catalano, spagnolo ma anche arabo e romeno. La Catalogna è una terra in cui ciò che conta veramente non è la propria origine ma il destino che si cerca.
I governi guidati dal mio partito hanno deciso di dare la copertura sanitaria pubblica a tutti gli immigrati. Il mio predecessore, José Montilla, è nato in Andalusia, al sud della Spagna. Come ricorda il professor Francesc-Marc Alvaro, gli esperti internazionali più accreditati situano il caso catalano tra i movimenti nazionali basati sullo “ius soli”, molto diversi e lontani dai nazionalismi etnici, escludenti e aggressivi, basati sullo “ius sanguinis”.
L’Unione europea ha una lunga tradizione come terra d’accoglienza delle persone che sono arrivate in cerca di un futuro, ma bisogna migliorare le politiche di collaborazione tra gli stati che la compongono. Ci vogliono inoltre politiche sociali di ambito europeo che tengano ben presenti i diritti, la dignità e il rispetto che merita ogni essere umano, indipendentemente dalle sue origini, razza o religione.
Termino con le parole di Fermí Santamaría, sindaco di un piccolo paese catalano e del mio stesso partito; è nato a Cadice in Andalusia da dove, diciottenne, se n’è andato per arrivare in Catalogna, come tanti altri, a cercare un futuro migliore. Racconta sempre le parole che sua madre gli disse prima di partire: “Non dimenticare mai la terra che ti ha visto nascere, ma lavora e lotta per quella terra che ti vedrà crescere”. Questo è la Catalogna.

L’autore è presidente della Catalogna


Link del giornale La Repubblica con l'articolo pubblicato 
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/01/18/spirito-catalano.html

Link della presidenza della Generalitat con l'originale in catalano
www.president.cat/pres_gov/AppJava/president/notespremsa/notapremsa-242170.html?mode=static








dimecres, 15 de gener del 2014

Roberto Maroni non è il benvenuto (Vilaweb)

Roberto Maroni, presidente della Lombardia e leader della xenofoba Lega Nord, arriva domani in Catalogna con un obiettivo chiaro: approfittare della risonanza internazionale del processo indipendentista catalano. Dato il suo ruolo istituzionale di presidente della regione Lombardia è impossibile evitare la visita, però proprio per questo abbiamo, tutti, la responsabilità di chiarire che questo personaggio non è il benvenuto e anche che il movimento civico e politico catalano non ha niente a che vedere con ciò che egli rappresenta.

La Lega Nord è un movimento populista e xenofobo che usa un’identità inventata, quella della Padania, per raccogliere adesioni popolari ad un movimento contrario al sentimento pluralista, aperto a tutti e democratico che è la base dell’idea di sovranità catalana.
Qui non chiediamo a nessuno da dove viene, sennò che cosa vuol essere. Qui crediamo che la società sia più ricca quando è più composita. Qui lottiamo per il progetto di uno stato al servizio di tutti, senza distinzioni ne’ privilegi. La nazione catalana ha un grande passato ma oggi è il futuro che ci interessa di più, e in questo futuro c’è posto per tutti senza distinzione d’origine, di lingua, di religione, di cultura. È sempre stato così e sempre lo sarà.


Quando, nel 2009, cominciarono i referendum popolari per l’indipendenza, il movimento per la sovranità nazionale catalana vide subito chiaramente che tutti dovevano avere diritto di voto, inclusi naturalmente anche gli immigranti arrivati più di recente. Non si può costruire un paese lasciando ai margini la gente che già ci vive. E questa non era una decisione di circostanza ma aveva radici profonde nella tradizione del catalanismo, che il presidente Pujol aveva affermato con la frase secondo la quale “è catalano chi vive e lavora in Catalogna”.

È solo in mala fede, quindi, che si può mescolare il nostro movimento con quest’altro, la Lega Nord, che proclama come prassi politica la differenza fra i cittadini del suo stesso paese
E non solo: credo che siamo tutti d’accordo a lavorare dalla Catalogna perché l’Europa non cada mai nel buco nero dove quelli della Lega vorrebbero ficcarci tutti.


Editorial de Vicent Partal Roberto Maroni no és benvingut Vilaweb del 15.01.2014 
  

dimarts, 1 d’octubre del 2013

La Lega Nord vista da Enric Juliana

Dall'articolo El caso de los catalanes di Enric Juliana - La Vanguardia 15-09-2013


[…] Alla Catalogna indipendentista è toccato un alleato più che mai scomodo nell’attuale contesto europeo. La Catalogna  è diventata il nuovo punto di riferimento della Lega Nord italiana, il movimento autonomista, dalle tinte populiste e xenofobe, che da più di vent’anni riveste un ruolo di primo piano nelle regioni settentrionali dell’Italia. Lo scorso 11 Settembre, i deputati della Lega si sono presentati al Parlamento di Montecitorio, a Roma, indossando delle magliette con la bandiera indipendentista catalana (estelada) […] 

Negli anni novanta, la Lega cercò di entrare in contatto con la politica catalana. Umberto Bossi si recò a Barcellona senza ottenere grandi risultati. Jordi Pujol rifiutò di riceverlo (Pujol conosceva troppo bene la storia italiana per andare a cacciarsi in questo ginepraio). 
Tuttavia, alcuni dirigenti di Esquerra Republicana (Sinistra Repubblicana), ai tempi in cui alla guida del partito c’era Àngel Colom, dimostrarono interesse per la Lega. Ci furono dei contatti. 

Il leader attuale dell’ERC, Oriol Jonqueras, conosce molto bene l’Italia, perché ha compiuto gli studi superiori nel Liceo Italiano di Barcellona. È improbabile che si lasci fotografare in compagnia di chi ha abbinato le rivendicazioni autonomiste a un discorso xenofobo intollerabile, e che negli ultimi mesi è arrivato al punto di chiamare “orango” la ministra dell’integrazione del governo Letta, Cécile Kyenge, nata nella Repubblica Democratica del Congo.
La Lega ha bisogno di indossare una maglietta catalana; la Via Catalana dovrebbe mantenere le distanze da Umberto Bossi e dimenticarsi delle civetterie dell’ERC.
La Padania è un’invenzione (l’Italia venne unificata nel 1860 dalla borghesia industriale del Nord). La Catalogna è una realtà storica della quale si parlava già trecento anni fa in tutte le cancellerie europee. 

Foto Alberto Gamazo da Jot Down Cultural Magazine
Trad. Sara Antoniazzi




dilluns, 30 de setembre del 2013

Padania nazione fittizia


Estratto dell'intrevista alla giornalista di politica internazionale Elena Marisol Brandolini, a cura di Alba Sidera, del quotidiano catalano El Punt-Avui del 23-09-2013



AS:  Perché in Italia è cosí difficile capire quello che succede in Catalogna?

EMB: Per la nostra stessa storia. La parola “nazionalismo”, in Italia, si relaziona con il fascismo ed ha connotazioni negative. La parola “secessionismo” la adoperano quelli della Lega Nord, un partito politico xenofobo molto di destra che si è inventato una nazione fittizia, la Padania, senza nessun fondamento storico, che non si può comparare in nessun modo con la Catalogna, che indiscutibilmente è una nazione.

(foto: lecodesitges.cat)

diumenge, 29 de setembre del 2013

Lega e indipendentismo catalano, opinione di FERRUCCIO DE BORTOLI


Estratto dell'intrevista al direttore del “Corriere della Sera" a cura di Alba Sidera, del quotidiano catalano “El Punt-Avui” il 22 Settembre 2013.
[...] AS:
È paradossale che in Italia il movimento indipendentista catalano sia comparato con la Lega Nord, che in Catalogna è gemellata con il partito spagnolista e xenofobo Piattaforma per Catalogna (PxC)

FdB:  La Lega Nord non si può comparare con il movimento separatista autentico, storico di Catalogna. Credo che Mas abbia fatto bene a non confondersi con Bossi, perché sono evidentemente due storie completamente diverse.

AS:  Già, ma dato che le comparazioni con la Lega sulla stampa italiana sono abituali, crede che l’indipendentismo catalano non abbia saputo spiegarsi bene in Italia?

FdB:  Credo che si sia spiegato male, anche perché lo confondiamo con quello di altre regioni della Spagna più problematiche e tendiamo a fare confusione. Forse abbiamo tolto importanza alla questione catalana presentandola esclusivamente come un affare interno della Spagna senza ripercussioni internazionali, e in questo ci siamo sbagliati. Perché se la Catalogna conquistasse l’indipendenza, ci sarebbe un effetto immediato in tutta Europa che metterebbe in difficoltà gli altri paesi. [...] 

dimecres, 25 de setembre del 2013

Il terrone catalanista


12 settembre 2013

Manca poco alle 17.14. A quel commovente rintocco di campane che qualcuno dubitava ci sarebbe stato, colonna sonora dellunirsi delle mani di più di un milione e mezzo di persone. I miei principali stati danimo erano ammirazione e commozione; subito dopo la rabbia, per essere costretto a seguire tutto davanti a un monitor, attraverso lo streaming balbuziente di TV3.
Mi distrae il tintinnio dellipad. Una mail. Penso allennesima piulada degli amici che mi raccontano lemozione di ciò che in quel momento stanno contribuendo a costruire.
No. E un caro amico, da Napoli. Il testo del messaggio è laconico. Guarda un po qua... :) che ti dicevo?; e poi i link a Repubblica e al Corriere, con le foto dei leghisti che mettono in bella mostra le senyeras stampate sulle loro magliette.
Mentre i giornali di tutto il mondo raccontano quello che è accaduto e accade in Catalunya, i maggiori quotidiani italiani (sic!), con le due righe di una didascalia di una foto, si mostrano interessati solo a questo elemento di pseudofolklore ahimè tutto nostrano. Il mio umore cambia. E peggiora ancora, quando il sito di Internazionale dedica alla Via catalana soltanto la traduzione di un articolo del quotidiano spagnolo El Mundo, dove i catalani vengono definiti frustrati, ricattatori, traditori.
Dimentico tutto solo grazie allimmagine dellorologio dalinià di Figueres (17.14!) e al suono delle campane. E poi dopo, mano a mano che dalla mia Catalunya virtuale si manifestano nette prese di distanza dalla simpatica trovata dei parlamentari leghisti.
Non sono un indipendentista catalano e forse avrebbe davvero poco senso, per un italiano, esserlo. Sono affascinato da quello che accade e mi muovo (leggo, navigo, parlo, scrivo) alla ricerca di chiavi di lettura per capire. Di una cosa, però, sono certo: Catalonia is not Padania. Spero che i catalani abbiano la stessa consapevolezza: la Lega è quello che, in ambito linguistico, verrebbe qualificato come fals amic.
Non è una questione (solo) di lingua, storia, cultura, tradizione. Il decadimento italiano è ben esemplificato proprio dallascesa, negli ultimi 20 anni, dellincultura e dalla rozzezza di un partito che non ha avuto esitazione a barattare la Padania (che non esiste) con qualche posto nel Governo statale, in compagnia della destra berlusconiana e post-fascista.

Non ho mai visto o letto di nazionalisti che, in nome della Catalunya libera, lanciano banane a una donna di colore, magari dopo che un loro importante esponente (facciamo, proprio per esagerare, un ex ministro del Governo statale?) lha definita pubblicamente orango. Né ho mai visto o sentito di camice giallorosse organizzate in ronde, dedite alla simpatica tradizione padana della caccia allimmigrato (una specie di sardana o di castellers, per intenderci).
Lunica ronda che mi viene oggi in mente è quella dei fascisti che, fatta irruzione nella sede della rappresentanza del Governo catalano a Madrid, hanno interrotto con la violenza le celebrazioni della Diada. Ecco, in quel caso sì, viene voglia di stare, per partito preso, sulla sponda opposta rispetto a quelle brutte facce. Al loro cospetto, mi sono sentito, profondamente e orgogliosamente, catalano.
Ieri, in quellinterminabile stringersi di mani, un politologo spagnolo, Ramón Cotarelo, ha tuittato: aunque pueda parecer un absurdo, los catalanes son la esperanza de España. Dopo quel messaggio, anche io, terrone napoletano che naviga a vista nel degrado, ho  maturato una speranza: riconquistateci, catalani! Con la vostra passione, il vostro civismo, la vostra determinazione.
A conquistare me, per ora, ci siete già riusciti.

dilluns, 16 de setembre del 2013

Us presentem: Catalonia is not Padania

Benvolguts amics,
L’11 setembre 2013, mentre més d’un milió i mig de persones a Catalunya es donaven les mans per unir-se en una cadena per la independència de més de 400 km de longitud, els diputats de la Lega Nord s’exhibien a la cambra del Parlament italià vestint samarretes amb la bandera independentista catalana.
No ens interessen gens els arguments de la Lega Nord. Ens incomoda moltíssim que l’acostament a un moviment populista, racista i xenòfob, pugui malmetre la imatge d’un procés pacífic i civilitzat, on hi participen una gran part dels ciutadans i dels partits catalans, compromesos amb mots d’ordre tals com legalitat, diàleg, europeisme.
El nostre objectiu és sensibilitzar l’opinió pública catalana a malfiar-se de les instrumentalitzacions de la Lega Nord; i, alhora, donar l’oportunitat als italians de relacionar-se amb Catalunya lliures dels prejudicis que d’aquestes mateixes instrumentalitzacions en són la principal conseqüència.
Catalonia is not Padania: la cultura i la identitat catalanes no comparteixen gens la hipotètica cultura padana de la Lega Nord.


Ens podeu seguir a  
FB  https://www.facebook.com/cataloniaisnotpadania
Twitter @CATisNotPadania

diumenge, 15 de setembre del 2013

Il terrone* catalanista

Queda poc per les 17:14. Per aquell emocionant repic de campanes que algú dubtava que succeís, banda sonora del més d’un milió i mig de mans unides. Els meus principals estats d’ànim eren admiració i emoció; immediatament després la ràbia, pel fet d’haver-ho de seguir tot davant d’una pantalla, en el pampalluguejant streaming de TV3.
    Em distreu el dring de l’Ipad. Un mail. Penso en l’enèsima piulada dels amics que m’expliquen l’emoció d’allò que en aquell moment estan contribuint a construir.
      No. És un estimat amic, de Nàpols. El text del missatge és lacònic. “Mira això d’aquí... :) què te’n deia?”; i després els link de Repubblica i del Corriere, amb vídeo i fotos dels diputats de la Lega on mostren amb fatxenderia les estelades estampades a les seves samarretes.
    Mentre els diaris de tot el món expliquen allò que ha passat i està passant a Catalunya, els diaris més importants italians (sic!), amb dues ratlles de peu d’una foto, es mostren interessats únicament per aquest element de pseudofolklore –pobre de mí!– tan nostrat. El meu humor canvia. I empitjora encara, quan la web de Internazionale a la Via Catalana hi dedica només la traducció d’un article del diari El Mundo, on els catalans són definits “frustrats”, “xantatgistes”, “traïdors”.
    M’oblido de tot gràcies només a la imatge del rellotge dalinià de Figueres (17:14!) i al repic de campanes. I més tard, a mesura que des de la meva Catalunya virtual es manifesten clares preses de posició distanciades de la “simpàtica” ocurrència dels parlamentaris de la Lega.
     No sóc un independentista català i potser tampoc tindria gaire sentit, per un italià, ser-ho. Estic fascinat per això que passa i em moc (llegeixo, navego, parlo, escric) a la recerca de claus de lectura per comprendre. Però d’una cosa n’estic ben segur: Catalonia is not Padania. Espero que els catalans en tinguin la mateixa consciència: la Lega ès allò que, en àmbit lingüístic, seria qualificat com fals amic.
   No és una qüestió (només) de llengua, història, cultura, tradició. La decadència italiana justament s’exemplifica molt bé amb l’ascens, en els últims 20 anys, de la incultura i de la grolleria d’un partit a qui no li ha tremolat el pols a l’hora de bescanviar la Padània (que no existeix) per alguna cartera ministerial al Govern estatal, en companyia de la dreta berlusconiana i postfeixista.
      No he vist ni he llegit mai sobre nacionalistes que, en nom de Catalunya lliure, llancin plàtans a una dona negra [ministra d’Integració], fins i tot després que un dels seus importants representants polítics l’hagués definida públicament “orangutan”. Tampoc no he vist ni he sentit mai que camises quadribarrades organitzades en patrulles, es dediquin a la “simpàtica” tradició padana de caçar immigrants (com si de colles sardanistes o castelleres es tractés).
L’única patrulla que avui em ve al cap és aquella fascista que, fent irrupció a la seu de la Generalitat a Madrid, ha interromput violentament les celebracions de la Diada. Vet aquí -en aquest cas sí- que venen ganes d’estar, per prejudici, a la trinxera contrària respecte a aquells energúmens. Davant d’ells, m’he sentit, profundament i orgogliosament, català.
     Ahir, en aquella interminable filera que es donava les mans, un politòleg espanyol, Ramón Cotarelo, va piular: “tot i que sembli absurd, els catalans són la esperança d’Espanya”. Després d’aquell missatge, jo també, terrone* napolità que navega a vista en la degradació, he madurat una esperança: reconqueriu-nos, catalans! Amb la vostra passió, el vostre civisme, la vostra determinació.
        A conquerir-me a mi, de moment, ja ho heu aconseguit.





* Italià del sud (nom pejoratiu utilitzat aquí irònicament).