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dimecres, 25 de setembre del 2013

Il terrone catalanista


12 settembre 2013

Manca poco alle 17.14. A quel commovente rintocco di campane che qualcuno dubitava ci sarebbe stato, colonna sonora dellunirsi delle mani di più di un milione e mezzo di persone. I miei principali stati danimo erano ammirazione e commozione; subito dopo la rabbia, per essere costretto a seguire tutto davanti a un monitor, attraverso lo streaming balbuziente di TV3.
Mi distrae il tintinnio dellipad. Una mail. Penso allennesima piulada degli amici che mi raccontano lemozione di ciò che in quel momento stanno contribuendo a costruire.
No. E un caro amico, da Napoli. Il testo del messaggio è laconico. Guarda un po qua... :) che ti dicevo?; e poi i link a Repubblica e al Corriere, con le foto dei leghisti che mettono in bella mostra le senyeras stampate sulle loro magliette.
Mentre i giornali di tutto il mondo raccontano quello che è accaduto e accade in Catalunya, i maggiori quotidiani italiani (sic!), con le due righe di una didascalia di una foto, si mostrano interessati solo a questo elemento di pseudofolklore ahimè tutto nostrano. Il mio umore cambia. E peggiora ancora, quando il sito di Internazionale dedica alla Via catalana soltanto la traduzione di un articolo del quotidiano spagnolo El Mundo, dove i catalani vengono definiti frustrati, ricattatori, traditori.
Dimentico tutto solo grazie allimmagine dellorologio dalinià di Figueres (17.14!) e al suono delle campane. E poi dopo, mano a mano che dalla mia Catalunya virtuale si manifestano nette prese di distanza dalla simpatica trovata dei parlamentari leghisti.
Non sono un indipendentista catalano e forse avrebbe davvero poco senso, per un italiano, esserlo. Sono affascinato da quello che accade e mi muovo (leggo, navigo, parlo, scrivo) alla ricerca di chiavi di lettura per capire. Di una cosa, però, sono certo: Catalonia is not Padania. Spero che i catalani abbiano la stessa consapevolezza: la Lega è quello che, in ambito linguistico, verrebbe qualificato come fals amic.
Non è una questione (solo) di lingua, storia, cultura, tradizione. Il decadimento italiano è ben esemplificato proprio dallascesa, negli ultimi 20 anni, dellincultura e dalla rozzezza di un partito che non ha avuto esitazione a barattare la Padania (che non esiste) con qualche posto nel Governo statale, in compagnia della destra berlusconiana e post-fascista.

Non ho mai visto o letto di nazionalisti che, in nome della Catalunya libera, lanciano banane a una donna di colore, magari dopo che un loro importante esponente (facciamo, proprio per esagerare, un ex ministro del Governo statale?) lha definita pubblicamente orango. Né ho mai visto o sentito di camice giallorosse organizzate in ronde, dedite alla simpatica tradizione padana della caccia allimmigrato (una specie di sardana o di castellers, per intenderci).
Lunica ronda che mi viene oggi in mente è quella dei fascisti che, fatta irruzione nella sede della rappresentanza del Governo catalano a Madrid, hanno interrotto con la violenza le celebrazioni della Diada. Ecco, in quel caso sì, viene voglia di stare, per partito preso, sulla sponda opposta rispetto a quelle brutte facce. Al loro cospetto, mi sono sentito, profondamente e orgogliosamente, catalano.
Ieri, in quellinterminabile stringersi di mani, un politologo spagnolo, Ramón Cotarelo, ha tuittato: aunque pueda parecer un absurdo, los catalanes son la esperanza de España. Dopo quel messaggio, anche io, terrone napoletano che naviga a vista nel degrado, ho  maturato una speranza: riconquistateci, catalani! Con la vostra passione, il vostro civismo, la vostra determinazione.
A conquistare me, per ora, ci siete già riusciti.